Un racconto in puntate di un commissario-donna che approda dove l’universo è solo maschile
Abigeato
di Mimmo D’Angelo
Sì, l’ordine alfabetico era giusto. Si decise. Per primo chiamò l’agente scelto Annarumma Antonio.
“Buongiorno Annarumma”
“Qui tutti mi chiamano Totonn’…” disse dentro al suo sorriso.
“Buongiorno Annarumma…allora cominciamo. Che è successo ieri, da quando sono qui?”
“‘ann’ arrubbat’…”
“c’è stato un furto di…” intervenne il Commissario
“…un furto di bestiame!”
“che bestiame?”
“doje galline…”
“e questo lo chiami furto di bestiame?” rise il Commissario
“c’era pure ‘nu cuniglie…”
“sì, allora è abigeato!” disse il Commissario sempre più divertito
“Abbichè, Commissà…? Scusate io non è che ho studiato assaje…”
“Abigeato, ovvero furto di bestiame, Annarumma, scherziamoci un po’ su…”
Era appena arrivato da Napoli il Commissario Amy Salerno, l’avevano trasferita al Commissariato di Santa Maria Capua Vetere con la scusa che farsi un po’ le ossa in provincia, una provincia tosta, di camorra, le avrebbe fatto bene. Sennò, le dicevano, tutti avrebbero pensato che una donna – con in più la colpa di essere bella – veniva favorita.
La cocca di quello, l’amica di quell’altro…
In realtà le cose che davano veramente fastidio erano le sue qualità. Troppe. Intelligenza, intuito, impegno, professionalità.
Dura quando serviva ma sempre con un sorriso vero sulle labbra. E pure viva e vivace.
Un guaio insomma per superiori, criminali e corteggiatori vari.
“e a chi le hanno arrubat’ ‘sti galline?” (ogni tanto scappava un po’ di dialetto anche a lei. E poi era fiera delle sue radici napoletane)
“ad Antonio Gaglione…”
“ma…quale Antonio?”
“quello, Commissà”
“il capo della famiglia, dopo la morte del padre Gennaro…”
“sì, mò c’ha 35-38 anni anni, cchiù o meno…”
“allora, con questa scusa lo convochi, ci voglio parlare”
“ma non è stata presentata denuncia, Commissà, ufficialmente il fatto non sussiste”
“e tu come lo sai?”
“me lo ha detto Catarina”
“Caterina…e chi è”
“‘ ‘na specie di seconda madre, da quasi 50 anni o più, credo, sta in quella casa. Cucina ma cumanna anche gli altri servi…”
“gestisce l’altro personale, Annarumma. Ma come li scrivi i rapporti, i verbali?”
“mi arrangio, Commissà. Ma con voi miglioro sicuramente…”
“e come mai Caterina l’ha detto a te?”
“la domenica ci vediamo a Messa. Io ci vado con mia moglie e c’è pure Caterina. Lei è rimasta vedova 6-7 ani fa. Era sposata con un contadino, Domenico, detto Menichiello. Spesso mi racconta qualcosa, sapete com’è in paese…”
“qualcosa d’interessante sulla Famiglia?”
“no, Commissà, sempre piccole cose. Dice solo che vede entrare tanta gente, tante macchine. Ma non le dicono o fanno vedere niente d’importante. Però ogni tanto mi segnala piccole cose, fattarelli, che non vengono mai denunciati…”
“per esempio?”
“un mese fa è bruciato il garage, c’erano dentro tre macchine, una meglio dell’altra…”
“e nessuna denuncia neanche allora?”
“no, anzi l’incendio se lo sono spenti da soli, senza chiamare i pompieri. Noi non l’abbiamo neanche saputo. Non abbiamo scuse per entrare, ufficialmente”
“ma non è che ‘sta Caterina si inventa tutto?
“no Commissà, figuratevi! Non è proprio il tipo…e poi era così spaventata. Non me lo dice ma capisco che vorrebbe che noi facessimo qualcosa. Ma che putimmo fa?”
“va buono. Parlami un po’ di lei, allora”
“so che da giovane – anzi era proprio ‘na ‘uajona – ha cominciato a fare la cameriera in quella casa. Era figlia di contadini di un podere di proprietà dei Gaglione, che non avevano ancora cominciato la loro nuova attività…”
“camorristi, Annarumma”
“sì, ma non risulta ufficialmente….”
“risulta, risulta. Il padre è stato ammazzato in una faida, la madre è morta in uno strano incidente, hanno tre processi in corso. Se non lo diciamo nemmeno noi…”
“Caterina – faceva più attenzione adesso Annarumma nel parlare – dopo la morte della madre, come vi dicevo, cucina e governa la casa – guardò fiero il Commissario, che non fece una piega – …e tutti la rispettano assai, a cominciare da Antonio, il nuovo Capo”
“ma non le dice niente di quello che lui fa veramente?”
“no, quello no, Commissà, perciò non lo sa”
“vabbè, lo vado a trovare io ‘sto bell’Antonio”
“vi accompagno, Commissà….”
“no, vado da sola. Spiegami dove stanno”
“ma il Maresciallo Gargiulo s’inca…si arrabbia con me Commissà, già ha detto che mi avete chiamato per primo…”
“non lo spiego né a te né a lui i criteri che seguo. Quando avrò tempo, dopo l’incontro con Gaglione, convochiamo Gargiulo e ci faccio una chiacchierata. Per adesso portagli quest’ordine di servizio da parte mia. Deve andare a fare un posto di blocco”
Prese la strada in direzione di S. Prisco dov’era la proprietà con la tenuta-villa dei Gaglione.
Prima l’Appia (“regina viarum”, si ricordò dal suo professore del Liceo) e poi a sinistra, una stradina di campagna, ma asfaltata. Pochi minuti, saranno stati 2-3 Km.
Non era la villa in stile kitsch-hollywoodiano di altri camorristi, ma un vecchio casale contadino tutto ristrutturato e curato, con gusto. C’era la mano di un architetto, probabilmente.
Però per chi aveva l’occhio giusto come Amy l’infrastruttura di sicurezza si vedeva, eccome.
Intorno al muraglione di tufo tutto nuovo, innalzato a quasi tre metri, si vedevano telecamere, dispositivi d’allarme, barre acuminate in ferro battuto ecc.
Sul cancello in ferro, senza spiragli ma tutto chiuso in modo da non poter vedere all’interno, c’era pure una bella targa in ceramica disegnata “Cave canem”.
Suonò.
“Chi è” al videocitofono era una voce maschile, fortemente dialettale
“sono il Commissario Salerno”
Sentì delle voci un po’ concitate “ma è na femmena…”
Passarono più o meno una ventina di secondi, poi arrivò la voce di una donna anziana
“‘nu mument’ Cummissà…”
Il pesante cancello si apri al rumore dei meccanismi e ai lampi di un paio di luci arancioni.
Mentre entrava in un cortile molto ampio, lastricato in parte e in parte a giardino con piante in fiore e tantissimi alberi di agrumi vide una vecchietta, vestita di nero, che le veniva incontro. La casa era distante una quindicina di metri.
“questa dev’essere Caterina” pensò subito
Vestita di nero sì, ma nient’affatto trascurata o dimessa. Dignitosa, anche se un po’ curva, avanzava verso di lei. Doveva avere qualcosa di più di 70 anni a prima impressione.
“buongiorno”
“…bbuon giorno – disse la donna, che si sforzava di parlare italiano – vuie siete ‘nu Cummissario?”
“sì”
“proprie ‘nu Cummisarie….’nu Carabbiniere?”
“no, Polizia”
“va bbuone, è a stessa cosa”
“e voi siete Caterina?” le dava del Voi, come si usa al Sud
“comm’ ‘o sapite?” s’insospetti la donna
“me l’ha detto Totonn’” con un ampio sorriso e calcando l’accento, per ingraziarsela
“ah, sì. E’ ‘nu buone ‘uajone. Va ‘a Messa tutte ‘e dimmeniche, cu ‘a mujera”
“posso mettere la macchina in garage? Dov’è?”
“certo, sta qua la porta”
Mentre la apriva, il Commissario dette un’occhiata rapidissima e scrutatrice all’interno, poi disse
“no, grazie, non fa niente. La lascio fuori, mi sono ricordata che devo andare via subito”
“trasimmo Cummissà. Ve faccio subbito ‘nu cafè?”
“grazie”
Entrarono in un salone modernissimo, arredato con grande gusto. Solo alle pareti le tracce delle tradizioni contadine familiari. Appesi tutt’intorno c’erano delle grandi foto – antiche, non vecchie – in bianco nero tutte ingiallite. Molte ovali, altre rettangolari, con delle gtandi cornici in legno scuro.
Facce da contadini-padroni con grandi baffi, camiciole più o meno chiare. E donne o con grandi chignon e colli sbottonati su vestiti rigorosamente neri, o con camiciole anch’esse con qualche ricamo che le ingentiliva, spettinate. Donne abituate a lavorare. E anche a comandare, si vedeva. Quasi tutti, uomini o donne, piuttosto anziani, con carnagioni bruciate da sole e vento. Quelli più giovani dimostravano almeno cinquant’anni. Ma chi lo poteva dire. S’invecchiava molto più precocemente, un tempo. Poi chi lavorava nei campi…
“belle queste foto…”
“songh’ tutte mmuorte Cummissà. Nonni, geniture e pariente varie…”
“e voi, Caterina avete figli, nipoti?”
“no. Tenevo ‘nu figlie ch’è muorto c’aveva 15 anni, tanto tiemp’ fa. Sò rimasta incinta a 18 anni…”
“mi dispiace. Non ne avete voluto fare un altro?”
“mio marito nun ha vuluto” disse frettolosamente la donna
“sarà stato il dispiacere…”
“mah, non credo…”
“e che credete?”
“vedete Commissà quando è nato il bambino c’erano tante voci…”
Amy la guardò ma non interloquì, le fece solo un sorriso tutto femminile, un po’ complice, per invitarla a parlare.
“dicevano che era figlie a Gennaro, o a Eugenio – o frate ‘e Gennaro – o a Armando ‘u zio…”“e non era vero?”
“e che ne saccie Commissà. Quelli ogni tanto venivano a’ casa mia. A fa quello che vulevano. Ie era giovane, bella…e pure Menichiello se ne steva zitto. Erano i padrune. I padrune ‘e tutto, Commissà. Quann’è nato ‘stu figlio, Giovanni – comm’era bello – tutt’ facevane i cumplimente a Menichiell : ‘ evviva ‘o pate, evviva o pate’! Ma isso…”
“ma lui?”
“isso dicette sulamente ‘si è vero!...’ e ‘sti parole so addiventate famose, Commissà : ‘ si è vero, dicette Menichiello!’. Quella notte Menichiello ha durmito ‘n campagna, io so stata tutta sola cu ‘a creatura. Ma ‘u iuorn’ appriesso è turnate e m’ha abbracciate. Nun n’avemm’parlate cchiù ‘e ‘stu fatto”
“ma com’è morto vostro figlio Giovanni, così giovane?”
“e chist’ è ‘n’atu mistero Commissà. Mano a mano che cresceva, Gennaro l’ha sempe seguito e curato. L’ha mannato ‘a scola, nun ha vuluto che lavurasse ‘a terra comme a nuje e po’..”
“poi?”
“da quann’aveva 12-13 anni Gennaro so’ purtava fore cu’ isso sempe cchiù spesso e hanno pure cuminciate a fa tarde a sera. Ie ‘na vota me mettette a strillà cu’ Gennaro, tanto Menichiello steva sempe zitto…ma Gennnaro diceva che ‘o uajone se stava a fa grande, aveva ascì e accummincia a canosce ‘o munno, ‘e femmene. E rideva, rideva…”
“ma non aveva suo figlio legittimo, Antonio?”
“non ancora. Quello è nato quando mio figlio aveva 14 anni. Crescette cu ‘a mamma, ‘a signora ‘Ndunetta”
“la signora Antonietta, quella morta in quello strano incidente?”
“allora ‘o sapite ch’è strano, Commissà!”
“Sì, certo. E vostro figlio com’è morto?”
“e chi ‘o sape…na sera ascette cu’ Gennaro – ‘o chiammava zì Gennà . Se facettere ‘i tre ‘e notte e nun turnavano. Chiuveva forte forte, chella notte, ie nun sapeva cchiù a chi addimanà dint’ a casa, ma nisciune sapeva niente. Po’ se sentette ‘ na machina e arrivaje Gennaro cu Giuvanne ‘mbracce. Pieno di sangue che nun parlava e manco respirava…facietti ‘nu strillo che se sarrà sentito fino a Napule…”
“che era successo?”
“e chi ‘o sape? Gennaro dicette che li avevano aggrediti, di notte, magari erano ladri….sì, ladri contr’ a isso! ‘O sapevano tutt’ ca era ‘o capo da Famiglia cchiù putente ‘e tutta S. Maria…”
“ma tuo figlio?”
“aveva doje pertuse, uno ‘n pietto e ‘n’ate ndo’ stommacche. ‘O sangue asciva pure da vocca. Murette quase subbito, ‘ngoppe ‘o lietto”
“non l’avete portato all’ospedale?”
“se! Gennaro chiamò il suo medico personale che disse che non c’era più niente a fa. Je stette a strillà e chiagne tutta ‘a notte”
“ma non venne la Polizia?”
“nisciuno sapette niente. ‘O medico fece ‘nu certificato ‘e morte fauso. Nun saccio se scrivette che aveve avuto ‘n ictus, si se dice accussì. Tutto fu messo a silenzio. Organizzarono ‘o funerale in quattro e quattr’otto”
“e tu non dicesti niente?”
“che putevo fa? Pure Menichiello me dicette ‘e sta zitta. M’avrebbero sulo pigliate pe’ pazza…”
Si sentirono dei passi. Caterina si alzò subito, come ricomponendosi
“sta arrivanne Don Antonio”
“buongiorno, come sta, signora….?”
“sono il Commissario Salerno”
Era certamente un bell’uomo. Alto bruno, abbronzato, vestito con eleganza, con giacca scura, pantaloni beige e camicia bianca, senza cravatta. Capelli nerissim, ricci e folti, occhi grigio verdi, sorriso smagliante ed accattivante. Un vero tipo meridionale. Lei penso alla canzone “’O Sarracino” di Renato Carosone.
Fissandole gli occhi addosso alla camicetta appena leggermente aperta sul bel seno, ma senza essere volgare, le disse :
“immagino lei sappia che tutti noi uomini vorremmo incontrare donne come lei, meglio se non fossero Commissari di Polizia. Lei è un gran bella donna”
“anche lei è un bell’uomo” lo sorprese lei con molta naturalezza “ma non sono qui in veste ufficiale, solo una visita di cortesia. Lei è una persona importante, ed io sono arrivata da poco a dirigere il Commissariato qui a Santa Maria”
“ha fatto benissimo, anzi vorrei invitarla a cena signora…?”
“mi chiamo Amy Salerno. Ma per la cena non è il caso. A meno che non vogliamo andare anche con la signora Caterina ed io magari mi porto l’agente Antonio Annarumma. E’ molto simpatico sa? E la signora Caterina è squisita, ho già visto”
Lui nascose il suo disappunto con eleganza. Si vedeva che non era abituato ad essere contraddetto.
“certamente. Per la prima volta…. va benissimo” fissandola nuovamente
“magari mi racconta delle nuove attività della vostra azienda di famiglia. Un’azienda molto ricca”
“sono molte aziende ormai. Storicamente la nostra famiglia nasce contadina, proprietari terrieri che però lavoravano anch’essi nei campi. Abbiamo ancora molte proprietà terriere con aziende agricole, di allevamento, casearie con la produzione di ogni genere di derivato dalle bufale naturalmente – sorrise – ma oggi ci siamo diversificati tantissimo. La più grande sta a qualche chilometro da qua, tra Sparanise e Francolise. Ma io ho una formazione diversa. Mio padre mi ha fatto studiare e laureare in Inghilterra ed io sono soprattutto un conoscitore, molto modesto, di finanza, di investimenti…”
“già, investimenti non tutti chiarissimi. Ma solo per me che sono un’ignorante – lo incalzò lei che aveva notato un suo impercettibile cambiamento d’espressione. Ma forse sono più i vostri metodi che noi non conosciamo bene… poi sono successe e succedono tante cose che in qualche modo la gente ed i giornali riportano a voi, alla vostra Famiglia…”
“sì, ci manca solo che ne parla pure Saviano. Comm’è triste chist’omme – rise lui, usando per la prima volta un po’ di dialetto – non sembra mai un meridionale comme a ‘nnuje. E poi sta sempre da Fazio, in Tv. Buono pure quello. E’ o vero, Amy?”
“sono sempre il Commissario Salerno. Magari un giorno saremo più in confidenza, lei mi confesserà qualcosa… sa col mio lavoro” lo sfidò sorridendo e guardandolo fisso lei, stavolta.
“prende qualcosa?
”
“Caterina mi ha già fatto un ottimo caffè, grazie”
“Caterina è preziosa. Le vogliamo tutti bene. La nostra vecchia e nuova mamma”
“avete ragione a tenervela stretta.E’ una di quelle donne di cui si dice che non se ne fanno più. Ma ora devo proprio andare”
“sono sicuro che diventeremo amici”
“io sono sicura che ci rivedremo”
“la sua macchina è in cortile?”
“no, ho parcheggiato fuori”
“l’accompagno”
“lasci, vado con Caterina. Ormai siamo amiche”
“pensaci tu Catarì” disse lui con un’occhiata d’intesa
Uscirono in cortile. Appena si furono un po’ allontanati dalla casa, Amy le disse sottovoce
“sei stata tu, vero, Caterina?”
“a ‘ffà che Commissà?”
“a dar fuoco alle macchine prima, a rubare le galline poi. E l’hai detto ad Annarumma. Volevi che venisse la Polizia”
“ma che dite Commissà?”
“solo uno da dentro può essere stato. Con tutti quegli apparati di sicurezza un ladro di galline non ci prova nemmeno. E l’incendio in garage poi…”
“ma ‘a Polizia nun dice mai niente…”
“senza denunce noi non possiamo muoverci, Caterina. Ma ho visto che l’incendio c’è stato in garage. Se vuoi che noi ci muoviamo, che scopriamo della morte di tuo figlio – e la guardò fisso negli occhi – da oggi devi tenere occhi e orecchie aperti e riuscire a scoprire qualcosa. Solo così riapriremo le indagini, riesumeremo il corpo di tuo figlio e vedrai che qualcosa lo scopriremo di sicuro”
“uocchie e auriecche apierte ce l’ho già da un po’ di tempo e ‘nu poche ‘e cose già le so. E non se ne sono nemmeno accorti. Antonio dice a tutti che di me ci si può fidare. Ma… comme se fa a scuprì di mio figlio? Chille è mmuorte ‘a tant’anne…”
“Catarì, oggi si possono fare miracoli con le nuove tecniche. Pure dopo decine di anni. Piuttosto dobbiamo fare attenzione per parlarci. Organizzeremo gli incontri attraverso Annarumma. Magari ci vediamo in Sagrestia. Ti farò sapere”
“voglio scuprì chi ha accise mio figlio, Commissà. Primma che moro”
“e vuoi che due femmine del Sud non ci riescono?” sorrise Amy.
Le dette due baci sulle guance abbracciandola e se ne andò.
Appena Caterina rientrò, Antonio le andò incontro e l’abbracciò.
“quella femmina m’interessa Catarì, per diversi motivi. Devi avere tutte le informazioni che puoi su di lei. E magari ci devi entrare in confidenza. Di te penserà che si può fidare” disse sorridendo
“mò comincio a chiedere qualcosa a Totonne. Lavora cù essa, è ‘nu sbirro. Ie ‘o vedo tutte ‘e dimmeniche ‘a Messa…”
“brava Catarì” l’abbracciò stringendola a se e facendola girare, affettuosamente.
Intanto Amy stava tornando in macchina. Stasera me ne vado a ballare con le mie grandi amiche, Susy, Ada e Maria Carolina, che mi vengono a trovare.
Era soddisfatta. Mi sa che questa storia della famiglia Gaglione e di Caterina è appena iniziata, pensò. E nemmeno tanto male.