N U N Z I A T E L L A
I C A N T O S
Gabriele Albarosa è il cantore
CANTO QUARTO
L’INCUDINE E IL MARTELLO
Il contrappunto tra clamore e quiete
Scandiva, come un orologio aurale,
La nuova vita là, dentro quel Lète
Dove l’oblio di ciò ch’era normale
Aveva duplice accompagnamento:
Gridar goliardico e tacer formale.
Il quarto giorno, a mensa, un gran fermento
Tra quei che ci rendévan tanto afflitti
Significò l’inizio di un evento
Al cui pensiero ancora i peli ritti
Mi s’ergono, frammisti ad emozione:
Prima c’è l’ordine di stare zitti
E sull'”Attenti”, poi parte l’azione;
S’affrettan gli Istruttori a far catena,
Braccio legato a braccio in salda unione,
Dinanzi a noi, per arginar la piena
Di anziani che col guizzo dell’anguilla,
Urlando “KAPS!!!” inondano la scena;
Nel mucchio uno inveisce, uno sobilla;
E al fin che la barriera non si rompa,
Questo più stringe mentre quello assilla;
Con gran frastuono ognùn sull’altro zompa,
Ma dopo serpentino sibilare Shhhhhhhh….
Scende il silenzio – e il “Canto della Pompa”
Quell’idra umana prende ad intonare:
“…Chi te l’ha fatto fare, Cappellone!
A Scuola sei venuto ad imparare
L’arte del condottièr Napoleone;
Ricorda che il tuo ruolo è ‘sotto il giogo’
E il nostro, qui, è quello del padrone”.
E come la scintilla si fa rogo,
La melodia s’accresce di cadenza
Cedendo il passo a vero e proprio sfogo:
“E dicci grazie per la sofferenza,
Perché la vita sarà ben più dura!
Ce n’è per tutti, senza preferenza!”
Quindi, cantilenando: “Ti sia cura,
Se mai volessi diventare Anziano,
Far cosa dalla duplice natura:
‘Pompare’! Innanzitutto con la mano
(Ovvero far flessioni all’infinito)
E con la mente poi, da buon cristiano
(Ovvero far della cultura un rito),
Per i tre anni della Nunziatella
La notte e il dì: ritieniti avvertito!”.
Giunti al finale, il tono si livella,
Dell’onda in coro scema l’aggressione,
E subito m’è chiara lor favella:
Statuto, ammonimento, esortazione,
Distinti son del canto gli ingredienti,
Che poi son quelli della Tradizione
Da secoli presente tra i discenti
Di questa Scuola, e d’esso le radici
Che vantano gloriosi antecedenti:
“Carmina Triumphalia” dei felici
Soldati per l’imperatòr Romano;
“Peàna” di falangi vincitrici
D’opliti, fanteria del re Spartano,
A loro volta eredi dei guerrieri
Di stirpe Micenèa e via lontano
A far dell’oggi e di domani e ieri
Un’eco sola, dentro quelle mura,
Compagna di percorso dei “pompieri”.
Al “Pompa” fece seguito paura
Per la certezza della nostra pena:
Di certo non leggera, e duratura.
“Perché render talmente poco amena
La permanenza di noi nuove leve?”
– Mi chiesi – e guarda caso, dopo cena,
Fu sciolto il dubbio, come al sol la neve,
Nella sessione di cappellonaggio
Che quella sera fu più d’altra greve;
In corridoio, mi trovai nel raggio
Di un grappolo di Allievi triennali
E mentre m’affrettavo nel passaggio,
Sperando di evitare i loro strali,
Uno mi indica con far pacato,
Di avvicinarmi – i modi non formali –
E chiede, sorridente ed educato:
“Come ti chiami, Kaps? Fa’ come fossi
A casa, tra gli amici che hai lasciato…“.
Rispondo: “Davide, Davide Rossi”
– Osando anche un accenno di sorriso,
Tra sguardi teneri, quasi commossi;
Ma poi, tutto d’un tratto, senza avviso,
L’occhi amorevoli si fan di bràgia,
Da complice ad arcigno si fa il viso,
E con latrato di belva randagia,
Il ‘buono’ ringhia: “Cosa?!? Lei è pazzo!!!
Che fa: deambula, ride, s’adagia?
Si svegli, non mi piace questo andazzo,
Citare più non sa il Suo proprio nome?!?”
Sicché, confuso e pieno d’imbarazzo,
Dissi: “Ma io pensavo…” – e quello: “…Come?!?
Non sa che chi per Lei, meglio di Leï,
C’è qui a pensare?!? È meglio che, siccome
Né pensa Lei nè’l deve, trentasei
Pompate a terra faccia adesso: Azione!
…E con il buon auspicio degli dèi
Della memoria fìa riapparizione!”.
Pompài e poi, davanti a quei molossi,T
entài di nuovo la presentazione:
“Comandi! Allievo” – urlai – “Davide Rossi,
Primiera Compagnia, Terzo Plotone,
Seconda Squadra!” – teso, i nervi scossi.
La replica: “Alleluja, Cappellone!
Per Sua fortuna è accorsa Mnemosìne
A ricordarLe un po’ di educazione!”
E qual segugio che, col fiuto fine,
Della sua preda fa circonferenza
Quello, metodico, crine per crine,
Ispezionava lento, con pazienza,
La mia persona, immòta sull'”Attenti”,
Senza nemmeno un’ombra di clemenza;
Si ferma, punta e, digrignando i denti,
Con l’indice mi sposta verso l’alto
Il mento e dopo, sopra gli indumenti
Che indosso, il mio cutaneo smalto
Dal dito suo, all’altezza della spalla,
Pulisce e del ripugno fa risalto,
E dice: “Rossi, ma Lei vive in una stalla?!?”
E chiede: “Lei lo sa come mi chiamo?”
Ed io, temendo il non restare a galla,
Indugio e lui: “Si sbrighi, procediamo!”;
“DIVINISSIMO ANZIANO MATURANDO
Allievo Scelto Carmine Inghiràmo“
– Gridai a squarciagola – proclamando
Correttamente, in formula ufficiale,
Il nome della fonte del comando,
Nella speranza d’essere al finale
Di quel confronto, ormai degenerato
Dall’universo umano all’animale.
Lui si ristava ed io, paralizzato,
La fiera celere mutar sembiante
Vidi dinanzi, e ne fui sollevato;
Il ringhio si fe‘ voce confortante:
“Riposo, Kaps, stia sciolto, si rilassi”
La zampa monda ora rassicurante
Poggiata sul mio braccio; “Ora due passi” –
Disse – “facciamoci, perch’io L’edùca
Circa l’antica ed essenziale prassi
Dell’appaiare Cappellòn con duca
Anziano – di Figlioccio con Padrino –
Sicché nel buio qualche cosa luca;
L’ho fatta un po’ “morire”… poverino!
Fa parte delle regole del gioco,
Ma d’ora in poi sarò solo carino:
Tranquillo, ti farò da parafuoco
E da supporto in questo lungo anno;
Dammi del Tu e adesso dimmi un poco
Se ti posso alleviar di qualche affanno“.
Gli dissi: “Tutto questo mi rincuora
Poiché ero già caduto nell’inganno;
L’affanno è una costante, ma per ora
Resisto, ma ti voglio domandare:
Perché per noi sì lungamente ancòra
È d’obbligo gli Anziani sopportare?”
“È come l’arte della Mascalcìa”
Rispose, per poi meglio precisare:
“Battuto con costanza ed acribìa
Il ferro da ch’è vile si fa bello;
Lo stesso vale per la tua agonìa:
La Scuola è incudine, l’Anziàn martello”.
Intelligenti pauca, in quel momento
Compresi la cagiòn di quel fardello;
Trilli e silenzio: un nobile tormento