GRANDE E’ LA GUERRA
intorno alla storia
…….. da sempre le narrazioni si arricchiscono di piccole storie della più grande Storia che le contiene, a volte la spiegano, a volte suggeriscono altre letture per coprire le verità con letture diverse, maiuscole le prime, minuscole le seconde, quelle che purtroppo spesso diventano apodittiche e diffondono verità millantate, quando spesso giornalisti si fanno storici e spesso viceversa, quando è “la voce del padrone” che disegna la Storia, ma le piccole storie aiutano a conoscere il tempo e i luoghi in cui si svolge, come quelle che qui sono proposte, le prime di quelle che verranno cercate per proporle, due piccole storie, queste, che fanno un po’ sorridere, ma che aiutano a leggere il tempo della Storia, e dell’uomo che attraversa quel tempo, le “costumanze” del tempo in ogni tempo di tutta la Storia, che ci appartiene ed alla quale noi apparteniamo.
1910 e dintorni: foto di gruppo Bersaglieresco
LA GUERRA CON I BAFFI
Dai ricordi personali di Lucio Martinelli e di Nunzio Seminara
Modena, ottobre 1912.
Colloquio finale per l’ammissione in accademia : “Aspirante Martinelli Mario!”
Nel sentire il mio nome pronunciato ad alta voce da un anziano e baffuto Maresciallo, uscito da un’aula con sulla porta il cartello “COMMISSIONE PER L’AMMISSIONE IN ACCADEMIA”, mi alzai di scatto dalla panca sulla quale ero seduto insieme ad altri giovani.
“Presente!” Risposi rispettoso ma con voce ferma.
“Si accomodi nell’Aula e si presenti alla Commissione,” mi invitò il Sottufficiale.
Entrai nella stanza con una certa apprensione. Sapevo di aver superato tutte le prove d’esame, compresa la visita medica e l’accertamento ginnico. Ora dovevo sostenere un colloquio e ricevere il giudizio finale di idoneità.
Nella stanza disadorna, dietro una scrivania c’era seduto un corpulento Colonnello, con un paio di baffi a manubrio, affiancato da un Maggiore e da un Capitano, entrambi con vistosi baffi.
Mi misi sull’attenti ed aspettai.
“Aspirante Martinelli, classe 1895, Distretto Militare di Perugia”, proferì il Maggiore porgendo un fascicolo al Colonnello. “Questi sono i risultati conseguiti negli esami di ammissione”.
Il Colonnello mi guardò burbero, poi dopo aver sfogliato l’incartamento si rivolse a me, impalato sugli attenti, con accento inequivocabilmente piemontese.
“Signor Martinelli, Lei ha preso una bella media alla maturità classica, ha superato brillantemente gli esami del concorso, la prova di ginnastica e la visita medica. Il dottore ha scritto che è un po’ magrolino ma robusto però….non possiamo ammetterlo in Accademia. Mi dispiace”, mi disse il Colonnello con voce dura e autoritaria, dopo aver riposto i fogli dentro la cartelletta. “Purtroppo Lei non ha l’aspetto fisico che si conviene ad un futuro Ufficiale”.
“Con il permesso del Sig. Colonnello”, dissi preoccupato. “Posso sapere il perché. Cosa c’è in me che non va? Mi ha appena detto che ho superate bene tutte le prove però…. non posso entrare in Accademia. Perché?”
“Perché Lei, caro Martinelli, non si è presentato a questa Commissionecon i baffi come è prescritto dal Regolamento Militare ed è anche specificato nel “bando di concorso”. Un Ufficiale deve avere i baffi. Guardi me, i due Ufficiali al mio fianco ed anche il Maresciallo furiere. Abbiamo tutti i baffi. E’ un requisito richiesto dal Regolamento per i militari di carriera. Significa che Lei non ha letto il bando di concorso!” Si doveva presentare con i baffi alla Commissione. Sono stato chiaro?”
“Signor Colonnello”, risposi, con voce tremante. “Ho appena compiuto diciassette anni e come Lei può vedere non ho ancora nemmeno la barba! Sul bando di concorso non c’era scritto che un aspirante Ufficiale doveva avere per forza i baffi. L’ho letto bene! Mi creda”.
“Ed io le dico che invece è un obbligo, un preciso dovere,” mi rispose seccato il Colonnello, “ed ora glielo dimostro; dopo Lei può tornarsene a casa. I Regolamenti vanno rispettati anche se Lei non è ancora un militare! Se lo ricordi! I Regolamenti sono la nostra Bibbia. Maggiore mi dia una copia del bando di concorso.”
“Signor Colonnello,” mormorò a bassa voce il Maggiore, “veramente l’aspirante ha ragione. Da quest’anno, 1912, i baffi non sono più “obbligatori” per gli Ufficiali”. È una circolare firmata da Sua Maestà”.
“Boja Faust!” sbottò adirato il Colonnello. “Perbacco! Non poteva dirmelo prima”. “Cosa state a fare voi due qui se non mi mettete al corrente delle novità. E lei Martinelli, si consideri un uomo fortunato. Ma si ricordi che per un Ufficiale i baffi sono importantissimi: incutono rispetto negli inferiori e danno prestigio alla persona.
“Se li faccia crescere al più presto. Mi dia retta. Bene: LEI È AMMESSO IN ACCADEMIA con il Corso 1912-1913 e buona fortuna. Vada pure, si presenti all’”Ufficio Reclutamento” aggiunse firmando un foglio e porgendomelo…”e si faccia crescere i baffi!”
E così, in virtù di una “lungimiranza” di Re Vittorio Emanuele III, sono diventato Ufficiale.
Fin qui il racconto di mio padre fattomi tanti anni fa, quando anch’io manifestai l’intenzione di intraprendere la carriera militare. Tutto ciò sembra anacronistico e suscita un sorriso tra l’ironico e l’incredulo ma è proprio l’esperienza vissuta da mio padre. Ha rischiato di non essere ammesso in Accademia perché non aveva i baffi! Quello che oggi sembra ridicolo allora era normale. Basta guardare le foto dell’epoca per capire quanto “i baffi fossero importanti per un Ufficiale”.
Nel corso della sua vita militare, mio padre ha fatto tre guerre: la prima G.M. con due ferite molto gravi, la campagna d’Africa del 1934-36, la seconda G.M. con oltre quattro anni di prigionia.
Ha raggiunto il grado di Gen. di C.A. ma……non si è mai fatto crescere i baffi.
Maggio 1914.
Mario Martinelli (indicato dalla freccia in alto a destra)al II Anno dell’Accademia di Modena.
Non ha i baffi!
Se si guarda bene, sono solo in due a non averli.
Palmi, ottobre 1940
Fervevano i preparativi: abbisognava “spezzare le reni alla Grecia”.
La guarnigione “tresteverina” dei Bersaglieri di San Franceso a Ripa si esercitava di continuo nella piazza d’armi di Via Anicia, fra voli ad angelo sui teloni del terzo piano, salti mortali, giri-e-giri di corsa, squilli di fanfara, percorsi di guerra e continue visite ai poligoni di tiro, con bersagli mobili e “prove di fuoco” di plotoni e di compagnie che si alternavano su terreni della estrema periferia della Capitale,impervi e simili a quelli dei prossimi scontri sullaVojussa, svariando di continuo le proiezioni e le direzioni, simulando nei piccoli palcoscenici naturali il più grande “teatro della guerra”.
La partenza era prossima, imminente, come si disponeva nelle riunioni dello Stato Maggiore dell’Esercito. Le reni della Grecia non sapevano ancora niente. O meglio, sapevano ed aspettavano. E niente ancora sapevano bene le reni del 2° Reggimento Bersaglieri, moltissime rimaste poi a sedere a terra. E sottoterra, spezzate oltre l’Adriatico dopo assalti di entusiasmo “oltre l’ostacolo”. E molte altre, ma molto meno, rientrate in Patria malconce, in attesa di ripartire per spezzarne altre o per farsi spezzare a loro volta. Una volta per tutte.
Al Tenente Seminara, Giuseppe, appena promosso, viene concessa una breve licenza per tornare a casa er salutare i suoi. Ma anche gli amici. E i vicini di casa.
Ten. Seminara con sciabola
Il treno si ferma davanti alla targa “PALMI”. Sbuffa, e dalla Stazione partono le carrozzelle per la salita di quasi cinque chilometri prima di arrivare al Paese. Ma c’erano anche piccoli autobus, le “Corriere”, che facevano più velocemente quel percorso.
Il giovane Ufficiale, con la baldanza non solo bersaglieresca perché diffusa in quel clima di entusiasmo guerriero che tutti, TUTTI, aveva coinvolto, preferisce la carrozzella: il biglietto di due lire e mezza valeva la pena. Sentiva la fierezza di arrivare “scoperto” sotto l’ultimo sole autunnale, caldo come solo da quelle parti c’era, a ridosso del Sant’Elia, collina granitica prepotente a picco per 595 metri sulla costa viola, davanti a Messina.
La carrozzella si ferma prima dell’ultima salita che portava al Vicolo dell’Arangiara, in cima alla quale c’era “casa di mamma sua”. Lo aspettavano in diversi, amici e vicini di casa. Dal balcone il breve cenno di saluto della Mamma (n.d.r.: mia Nonna…..) e il Papà (n.d.r.: mio Nonno, anche lui Annunziato….) che si alza dalla sedia, si volta e scompare dietro la porta-finestra, per poi ricomparire davanti al portoncino d’ingresso con stipiti e volta ad arco in blocco di granito del Sant’Elia, che si affaccia sul vicolo, all’angolo, quasi di fronte a quell’ultimo tratto. Un asciugamano sul braccio sinistro, un rasoio “a mano”, quelli di una volta, nella mano destra. Serio in volto.
A passo veloce, appena saltellando il Bersagliere quasi corre verso casa.
Ten. Seminara. Veloce il passo con baffetti
Siamo all’ultimo gesto per l’abbraccio al suo Papà.
Chepperò lo ferma!, Sempre serio in volto. Con due o tre colpi di rasoio, ah!, quei colpi calabresi di una volta…… e vài!, spariscono d’un tratto i baffetti d’artagneschi.
Poi l’abbraccio, forte, fortissimo, intenso, prolungato con gli occhi chiusi e silenzioso, e poi, come sempre, un solo bacio, in fronte. Prima dello slancio che verrà, quando presto verrà “sulla fronte” della guerra.
Ma,“fiddgioli”!, guerra o non guerra, a Palmi, i baffi incasali portava solo lui, lui, … il primo Annunziato Seminara! ………………
Quelle reni tornarono malconce, dopo 50 giorni, sorrette dalle stampelle e
con una stelletta in più sulle spalle, per poi tornare verso l’assalto,
prima di guarire dalla convalescenza, volontariamente….:
e trornarono, però in carrozzella, malconce ma ancora vive, per fortuna……
(n.d.r.: il D-R. lo può confermare..….)