agosto 2017
tema del giorno:
frammassoni crescono
di Nunzio Seminara
Il tema ogni tanto riprende quota, inquietantemente,
in specie per accostamenti che vengono rinnovati, ogni tanto nella Storia a partire dal XVIII secolo, fra affiliati a sodalizi che si riconducono all’esoterismo, per costituirsi nelle cosiddette “logge”, “luoghi” prettamente simbolici ma che circoscrivono gruppi di appartenenti ad ambiti precisi secondo le diverse finalità, tutte però convergenti in una appartenenza comune, che diffonde la morale di un patto di fratellanza di uomini liberi.
La foto, ripresa da internet, raffigura affiliati in un loro consesso.
Al centro, in alto, la stella a cinque punte, costituita dalla sovrapposizione di due triangoli isosceli, perimetrati in una forma geometrica molto ricorrente e simbolica nella raffigurazione delle nostre Istituzioni.
Inquietante il richiamo già citato, perché ad esso si riferiscono molti sospetti e intrighi nei sottogoverni dei popoli ovvero, come da qualche decennio in Italia, a complotti politici o alla destabilizzazione delle economie e delle finanze imprenditoriali.
Persino affiancandosi ad attività malavitose o delinquenziali.
Di questi giorni, per l’appunto, una diffusa campagna mediatica che prende spunto da inchieste governative sulla effettiva presenza negli elenchi degli affiliati di personaggi di sospetta appartenenza a famiglie della “‘ndrangheta”.
La reazione dei frammassoni è assai dura.
Non si vuol entrare nello specifico, non avendo alcun elemento per confutare qualsiasi tesi.
Si vuole soltanto esporre alcune informazioni che sono assolutamente attendibili.
Il 2017 è il 300° anniversario della recente storia della massoneria.
Quella “moderna”, che prenderebbe origine il giorno di San Giovanni, il 24 giugno del 1717.
Il testo qui riportato di una breve sintesi, arricchita da qualche immagine rappresentativa, del percorso storico della Massoneria è stato cortesemente fornito dall’autore, Avv. Nicola Di Modugno, dopo la sua esposizione davanti ad un folto pubblico nella sede romana delle attività del Grande Oriente d’Italia.
MASSONERIA E RELIGIONE NEL REGNO DI NAPOLI
1 – Comunemente si ritiene che la Massoneria speculativa, di cui oggi, non senza commozione, celebriamo il terzo centenario (24 giugno 1717– 24 giugno 2017), sia stata recepita per la prima volta in Italia nel 1731 con la fondazione della prima loggia di Firenze.
Epperò il “Mandato”, in data 11 Maggio 1728, con cui il Gran Maestro della Gran Loggia d’Inghilterra Lord Colerain delega i Fratelli George Olivares e Francesco Saverio Geminiani, – il primo massone italiano, che era stato iniziato a Londra il 1 febbraio 1725 nella R.L. “Queen’s Head“ – a costituire la R.L. “Perfetta Unione“, costituisce la prova più eloquente del fatto che la prima Loggia italiana sia stata costituita a Napoli e non a Firenze.
Simboli massonici
2 –Del resto a Napoli, più che altrove, vi erano le condizioni, direi ambientali, più idonee per accogliere il messaggio che la Gran Loggia d’Inghilterra già con le Costituzioni del 1723 aveva rivolto all’Umanità.
Condizioni propizie che, a mio avviso, vanno essenzialmente individuate nella tradizione pitagorica che, non a caso, proprio in quegli anni, ispirò tutta la speculazione filosofica di Giambattista Vico che nel De costantia iurispudentis scrive che Pitagora “Trovando un’Italia dottissima, scelse di rimanervi.Quindi bisogna piuttosto dire che perfezionò la scuola italica che già era stata fondata : e a questa conclusione spinge la natura stessa delle cose” .
3 –La Massoneria a Napoli, dopo un esordio modesto, cominciò ad espandersi intorno al 1740.
Pertanto, la Bolla In eminenti di Papa Clemente XII del 28 Aprile 1738 non ebbe a Napoli una rilevanza effettiva. Quivi, infatti, l’Istituzione ebbe il suo primo momento di splendore a partire dal 1742, quando venne affiliato alla “Perfetta Unione” Raimondo di Sangro Principe di San Severo.Ed infatti con il Principe come Maestro Venerabile la “Perfetta Unione” giunse ad avere circa 300 Fratelli. Nel 1750 a questa Loggia se ne aggiunsero altre tre (di cui una con M.V. il Fr. Gennaro Carafa Cantelmo Stuart, parente napoletano della casa reale scozzese), costituita la Gran Loggia Nazionale di Napoli, Raimondo di Sangro ne venne eletto Gran Maestro.
L’insediamento solenne del Principe di San Severo come Gran Maestro ebbe luogo il 24 Ottobre 1750 a Posillipo nel casino del Principe Gennaro Carafa Cantelmo Stuart di Roccella con un celebre discorso dell’Oratore della Loggia del Principe Abate Benedetto Latilla, Professore di Teologia dell’Università di Napoli.
4 –La nascita a Napoli, addirittura, di una Gran Loggia Nazionale dovette allarmare moltissimo i Gesuiti e il Vaticano.
Si giunse così alla bolla Providas Romanorum Pontificum del 28 Maggio 1751 con cui Papa Benedetto XIV confermò la precedente scomunica di Clemente XII del 1738.
Carlo III di Borbone con la Prammatica del luglio 1751 si adeguò all’intervento papale vietando l’attività massonica nel Regno ma senza irrogare alcuna sanzione a carico dei Liberi Muratori. In concreto il Re di Napoli si accontentò della consegna dei piedilista dalla Gran Loggia Nazionale da parte del Principe di San Severo.
Raimondo di Sangro, Principe di San Severo
Stemma casato di Sangro di San Severo
All’epoca, invero, non mancarono, nei confronti di Raimondo di Sangro, accuse di tradimento in danno dei Fratelli ma, ove si consideri che, ben diversamente da come accadrà, invece, nel 1775, non vi furono né processi né sanzione alcuna a carico dei componenti delle Logge, deve ritenersi che lo stesso “pentimento“ del Principe e la consegna dei piedilista venne concordato con Carlo III e con lo stesso Benedetto XIV per evitare più gravi conseguenze quali, ad es., l’intervento dell’Inquisizione.
Va anche considerato che i rapporti fra Chiesa e Stato nel Regno già attraversavano un periodo particolarmente critico per via della stessa politica di Tanucci volta a limitare gli enormi privilegi del clero.
Castello Torre Maggiore dove nacque Raimondo di Sangro
Stemma casato dell’Abate Benedetto Latilla
Pianeta dell’Abate Benedetto Latilla
Orbene, qualora lo Stato avesse assunto apertamente la difesa della Massoneria contro la Chiesa, questo avrebbe determinato l’estensione del conflitto, fino ad allora limitato all’ambito giurisdizionalista, al ben diverso piano dottrinale.
E’ chiaro che Carlo III, che era e rimaneva un Sovrano cattolico, pur ritenendo doveroso di difendere le proprie prerogative sul piano giurisdizionale, non lo avrebbe, in nessun caso, permesso.
Ciò non gli impedì, però, di essere particolarmente indulgente, ad es., con gli ecclesiastici di Corte che erano entrati nell’Istituzione affidando l’apposita inchiesta interna a carico di questi proprio a Mons. Latilla, che, come abbiamo visto, Oratore della Loggia di Raimondo di Sangro, ne aveva festeggiato l’elezione a Gran Maestro.
Altamente espressiva dello stato d’animo del Re Carlo III è la lettera che questi rivolse al Papa da Portici il 17 giugno 1751: “Beatissimo Padre, rendo distintissima la grazia a Vostra Santità per l’esemplare riservatamente anticipatomi per mezzo del P. Pepe della sua recente Bolla contro de Liberi Muratori. Per corrispondere ora io al mio dovere verso Dio e la nostra Santissima Religione, e per recordare gravimente l’Apostolico zelo di V.S. formerò un Editto, col quale manifesterò a ‘miei Popoli, l’arte mia indulgenza contro di tal Setta. Di questa meditata mia sanzione accludo a V.S. la Minuta per attendermi su di essa …. Primieramente ordinerò al Capo de’ Muratori di questo Regno di esibirmi la Nota di tutti i Muratori in esso esistenti, affinché io sappia contro chi regolare le mie disposizioni. Indi farò pubblicare il cennato mio Reale Editto, di cui farò anche dal mio Cappellano Maggiore con le sue lettere in mio nome trasmettere gli Esemplari a Prelati del Regno, Di poi farò al Capo, ed a’ Professi di tale Società intimare un segreto, e severo ordine a dovermi presentare per il termine di giorni dieci validi documenti della loro abiura da farsi in mano di quelli ecclesiastici, che saranno di loro elezione, e che nella ricorrenza del presente S. Giubileo avranno la facoltà di riceverla. E lo stesso finalmente di mano in mano farò praticare con i novizi” .
Nella lettera Carlo III, che, non dimentichiamolo, aveva sempre una situazione critica nei rapporti con la Chiesa, si pensi alla questione della Chinea, si pone come braccio secolare rispetto al Papa, ma il fine di evitare misure estreme come l’Inquisizione è evidente.
Tanto ove solo si consideri che, grazie alla coincidenza col Giubileo, si evitava, col pentimento immediato e il conseguente perdono, che la scomunica potesse colpire i Fratelli con ben altre conseguenze.
5 –Sul punto è essenziale l’autorevole testimonianza di Antonio Genovesi che sul Principe di San Severo così si esprimeva: “Io ero amico col Principe di S.Severo, D. Raimondo di Sangro, uomo della mia età, Colonnello delle truppe di S.M. Cavaliere dell’Ordine di S. Gennaro e Gentiluomo Ordinario di Camera del Re …. Egli era degli intimi amici della Maestà Loro, sua la lettera Apologetica “De Quipu” scritta con più libertà di quello che i teologi avrebbero voluto e l’essersi poi scoperto Capo dei Liberi Muratori di Napoli, gli concitarono tale inimicizia de’ preti, e specialmente del Cardinale Spinelli, che niuna occasione ammetteva per giustificare i suoi antecedenti passi che li minarono nell’animo del Re” .
Antonio Genovesi fu critico nei confronti della Massoneria anche se il pensiero che segue sembrerebbe espresso da un Fratello come osserva Ed.Stolper : “Il mio fine sarebbe di vedere se potessi lasciare i miei italiani un poco più illuminati che non gli ho trovati venendovi, e anche un poco meglio affetti alla virtù, la quale sola può essere la madre di ogni bene. E’ inutile pensare ad arte, commercio, a governo, se non si pensa a riformare la morale” .
Genovesi non era Massone ma è significativo ricordare che lo furono molti suoi allievi: Francesco Mario Pagano, Gaetano Filangieri, Domenico Forges Davanzati, poi Vescovo di Canosa(biografo del Fr. Giovanni Andrea Serrao, Vescovo di Potenza assassinato dai Sanfedisti nel 1799) e il sacerdote ed economista Troiano Odazi al quale il Genovesi nel 1768 affidò la seconda edizione delle sue celebri Lezioni di commercio o sia d’Economia civile, pubblicata nel 1769.
6 –Può dirsi che in generale, malgrado la seconda scomunica pronunciata con la Bolla Providas di Benedetto XIV le adesioni alla Massoneria napoletana degli ecclesiastici più colti proseguirono ininterrottamente fino alla fine del settecento nell’ambito di tutte le obbedienze che operarono nel Regno.
Peraltro, nonostante la Prammatica di Carlo III del 1751, che fece seguito immediatamente come si è visto, alla seconda scomunica papale, l’attività massonica riprese forza e vigore soprattutto a partire dal 1754 per culminare nel 1773 con la costituzione della Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo“.
Gran Maestro in tale occasione venne eletto Francesco D’Aquino Principe di Caramanico, eminente esponente della Corte Borbonica.
Gran Segretario venne nominato il Fratello terlizzese Felice Lioy che avrebbe avuto un ruolo di rilievo nelle successive vicende nella Massoneria napoletana.
A tale obbedienza aderì anche Chiliano (Carlo) Caracciolo dei Principi di Pettoranello, Abate del Monastero di Monte Oliveto (Napoli) che ebbe un ruolo di primo piano nella nuova Gran Loggia Nazionale in quanto nel 1776 venne eletto alla carica di Deputato Gran Maestro di Diego Naselli d’Aragona successore del Principe di Caramanico.
7 – Ma ecco che si ripropose la stessa situazione del 1751: ed infatti come si ricostituì la Gran Loggia Nazionale, che come si è visto, era stata demolita in tale anno, a seguito del “pentimento” del Principe di San Severo, Tanucci, d’accordo col Re Carlo III, che da Madrid continuava indirettamente a governare Napoli servendosi dell’anziano Ministro per pilotare il figlio Ferdinando IV, promosse un editto reale per vietare nuovamente l’attività massonica. Editto che venne sottoscritto da Ferdinando IV a Procida il 12.9.1775.
Sul punto Ferrer Benimeli ripropone la posizione di Schiappoli secondo cui questo secondo editto di divieto dell’attività massonica si differenzia nettamente dal precedente con cui Carlo III non aveva proibito spontaneamente la Massoneria nel Regno ma solo per adeguarsi alla scomunica papale.
Nel 1775, al contrario, Ferdinando IV emanò tale editto proprio per ubbidire all’ordine di Carlo III che nel 1759 che li aveva lasciato il trono di Napoli per divenire Re di Spagna.
Carlo III in questa vicenda venne spalleggiato da Tanucci che era rimasto suo fedele servitore. Le ragioni che indussero Carlo III ad assumere tale posizione, così diversa da quella solo formalmente ostile risalente al 1751, sono, a nostro avviso, di natura chiaramente politica.
Va ricordato, innanzitutto, che sua nuora la regina Maria Carolina aveva assunto il ruolo di protettrice della Massoneria. Il Principe di Caramanico, come si è visto, Gran Maestro della Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo” dal 1773 era persona di fiducia della Sovrana. Peraltro, la nascita nel 1775 dell’erede maschio Carlo Tito aveva rafforzato la posizione di Maria Carolina facendo scattare la clausola del contratto di matrimonio, stipulato con la Corte di Vienna nel 1767, che Maria Carolina al momento della nascita dell’erede maschio sarebbe entrata far parte del Consiglio di Stato.
Tale ingresso della Sovrana al Consiglio di Stato stava già indebolendo la posizione di Tanucci cui Maria Carolina era ostile data la sua posizione di Ministro di fiducia di Carlo III.
E’ chiaro che la Regina mirava a sostituire Tanucci con personalità di sua fiducia proprio al fine di sottrarre il Regno all’orbita della Spagna per avvicinarlo all’Austria da cui essa proveniva.
Peraltro è essenziale ricordare che Maria Carolina era figlia di Francesco Stefano di Lorena che fu il primo Sovrano dell’Europa Contentale ad entrare nella Massoneria essendo stato iniziato dal Gran Maestro Inglese Desaguliere nel 1731.
Francesco Stefano era morto nel 1765 ma lei era stata culturalmente formata dal padre e quindi era molto favorevole alla Massoneria.
8 –Orbene Tanucci pensò che, colpendo l’istituzione, avrebbe messo in gravi difficoltà i suoi avversari legati alla Regina in modo da porli in condizioni di non nuocere.
Solo in quest’ottica si spiegano le durissime disposizioni dell’editto del 1775 che, ben diversamente da quelle del 1751, che si limitavano ad esigere il pentimento dei massoni come cattolici, prevedevano sanzioni penali severissime che potevano giungere fino alla pena di morte in quanto l’appartenenza stessa all’Ordine era considerata delitto di lesa maestà.
In questo quadro persecutorio, Tanucci il primo gennaio 1776 incaricò Gennaro Pallante, Capo Ruota della Vicaria, un alto magistrato di sua fiducia, di “sorprendersi con tutti i mezzi una Loggia e darsi un esempio“. Cosa che, in concreto, avvenne la sera del 2.3.1776 in una villa nei pressi della Reggia di Capodimonte dove Pallante accompagnato ai gendarmi, intervenne per sciogliere, con la forza, una riunione di Loggia in grado di Apprendista mentre si stava svolgendo il Rito di iniziazione al Primo Grado.
Nel corso di questa operazione di polizia vennero arrestati, fra gli altri, sette Fratelli tra i quali Pasquale Baffi, che finirà sulla forca nel 1799, Professore di Greco alla “Nunziatella” (n.d.r.: era il Noviziato dei Gesuiti, non la Reale Accademia Militare, poi detta della Nunziatella che Ferdinando IV fondò il 18 novembre 1787), e Felice Piccinino (che era stato iniziato, circa trent’anni prima, da Raimondo di Sangro) che ha lasciato della vicenda una testimonianza scritta che, ancora oggi, si legge con grande commozione.
Fra gli altri Fratelli arrestati vi era lo scozzese Giovanni Berentzer che morì in carcere per i maltrattamenti subiti dagli inquirenti. La difesa dei Fratelli fu assunta da Felice Lioy, che il 24 Giugno 1776 era stato eletto Secondo Gran Sorvegliante della Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo“, che, però, fu costretto ad andare i esilio,per sottrarsi all’arresto ordinato da Pallante, in quanto la sua difesa era stata ritenuta sediziosa.
Alla fine, però, la verità venne fuori. Ed infatti, come si legge nella stessa lettera del 30 Settembre 1777 di Ferdinando IV al padre di Carlo III :“Per l’affare dei Liberi Muratori dall’informazioni finora prese si rileva che la loggia fu fatta unica a posta da Consigliere Pallante servendosi del nome mio e della M.V., e poi la fece far prendere …. Adesso si sta appurando e quasi si va verificando che Pallante per non essere scoperto abbia fatto avvelenare il detto Polacco. Se questo si verifica Pallante non merita di essere trattato da Ministro ma meriterebbe di essere impiccato” . Insomma il magistrato inquirente Pallante passò da accusatore ad accusato.
Orbene, a parte l’ipotesi dell’impiccagione del magistrato infedele che, ovviamente, oggi non è più concepibile, per tutto il resto non è chi non veda l’estrema attualità di tutta la vicenda.
9 – Peraltro l’ordine di arresto di Felice Lioy che non solo era il difensore dei Fratelli arrestati ma soprattutto, non dimentichiamolo, era il Secondo Gran Sorvegliante della Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo” (che, peraltro, avvisato tempestivamente, era riuscito a fuggire nell’ottobre 1776 a Venezia), aveva messo a nudo il vero scopo perseguito da Tanucci dal processo ai Liberi Muratori: colpire la Gran Loggia Nazionale in quanto egli vedeva nel Principe di Caramanico, strettamente legato a Maria Carolina, un suo potenziale rivale.
Orbene fu proprio l’evoluzione successiva del processo dinanzi alla Giunta di Stato, evoluzione che già aveva evidenziato la messa in scena che era stata operata indegnamente in danno dell’Istituzione, a provocare tale mossa estrema di Tanucci nel tentativo di intimidire i vertici dell’Obbedienza.
Senonchè la nomina di Caramanico ad Ambasciatore a Londra e la sua sostituzione con Diego Naselli d’Aragona come Gran Maestro provocò una sempre maggiore identificazione dei “Nazionali” con la Stretta Osservanza Templare.
Questo, per un verso, diede a Napoli un ruolo di assoluto rilievo a livello italiano ed europeo nel quadro di una Massoneria di chiaro orientamento cristiano. Peraltro Naselli d’Aragona era strettamente legato a Ferdinando Duca di Brunswick,cognato di Federico II il Grande Re di Prussia, fino a divenire, nel 1784, Maestro provinciale d’Italia del Regime Scozzese Rettificato. Senonché la crisi di tale organizzazione, che condusse nel 1786 all’allontanamento del Duca dall’Ordine, indusse, addirittura, il Naselli nel 1788 ad ordinare la sospensione di “ogni adunanza sia nel Continente che in Sicilia” ancor prima dell’editto di divieto dell’attività massonica emanato nel 1789 da Ferdinando IV in conseguenza dell’esplodere della Rivoluzione francese.
10 – Peraltro l’esaurimento di tale esperimento, di una Massoneria dichiaratamente cavalleresca e cattolica, compiuto da Caramanico e da Naselli d’Aragona con l’evidente approvazione di Maria Carolina, non impedì al clero colto, ormai strettamente legato all’Istituzione, di continuare la propria attività in altri ambiti.
Innanzitutto, venne ricostituita la Gran Loggia Provinciale inglese, presieduta dal Fr. Cesare Pignatelli, Duca di San Demetrio, che, pur avendo subito nel 1773 la scissione che condusse alla costituzione della Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo“, venne ricostituita il 29 Agosto 1775 .
La Gran Loggia Provinciale inglese, non essendosi esposta politicamente, in ossequio ai Landmark, e avendo mantenuto una piena autonomia da qualsiasi sistema di Alti Gradi, anche sotto questo profilo seguendo in pieno la tradizione massonica inglese, fu quella che, in definitiva, si rivelò più solida e duratura.
Alla Gran Loggia Provinciale inglese aderì, nel 1781, innanzitutto, il sacerdote, e illustre matematico, Nicola Pacifico abbandonando la Gran Loggia Nazionale “Lo Zelo” di cui era stato Grande Oratore dal 1773. Nella Gran Loggia Provinciale fu uno dei fondatori della Loggia “La Verità” n. 440 all’Oriente di Napoli di cui divenne Maestro Venerabile. Altri Fratelli illustri della Gran Loggia Provinciale furono il teologo di corte Giovanni Francesco Conforti, docente di Storia dei Concili Generali dell’Università di Napoli, il già ricordato Domenico Forges Davanzati, Vescovo di Canosa, l’Abate Giuseppe Cestari e il sacerdote Francesco Saverio Salfi, Segretario Generale del governo repubblicano del 1799,successivamente Grande Oratore della Gran Loggia Simbolica del Grande Oriente d’Italia con sede in Milano. Salfi nel 1807 pubblicò il famoso Poemetto d’Iramo che costituisce, sul piano esoterico, una delle più profonde trattazioni della Leggenda di Hiram e, più in generale, del grado di Maestro.
Appare evidente, a questo punto, la parzialità di una concezione esclusivamente politica solo in chiave rivoluzionaria, della Massoneria napoletana. L’opera di Salfi dimostra che, la prospettiva patriottica può e deve accompagnarsi sempre ad una profonda coscienza del significato iniziatico della Massoneria.
11 –Altra personalità di rilievo della Massoneria meridionale del tempo, è, senz’altro,da ritenersi il sacerdote calabrese e poeta Antonio Jerocades che fu molto legato al Genovesi.
Iniziato alla Mére Loge San Jean Ecossaise di Marsiglia nel 1772, Jerocades fondò numerose logge in Calabria grazie ad una patente di tale Madre Loggia e scrisse la famosa raccolta di poesie massoniche La lira focense.
Trasferitosi a Napoli nel 1791, Jerocades vi fondò l’Accademia di scienze e poesia “La Scuola Pitagorica“ nel cui ambito operava una vera e propria loggia comunemente denominata la “conventicola di Capodimonte”.
12 – Protomartire del nostro Risorgimento può, senz’altro, considerarsi il già ricordato Fr. Troiano Odazi, sacerdote ed eminente studioso che nel 1770 aveva curato l’edizione napoletana delle opere di Cesare Beccaria. Accusato e processato per la sua partecipazione alla congiura giacobina del 1794 il 20 Aprile 1794 il Fr. Odazi morì nel carcere napoletano della Vicaria in circostanze altamente sospette.
Proclamata la Repubblica Napoletana nel 1799 con il contributo determinante dei Massoni, la Sorella Eleonora de Fonseca Pimentel (indicata da Annibale Giordano come appartenente alla Libera Muratoria di Napoli nel processo relativo alla congiura giacobina del 1794) significativamente scrive: “Se gli altri popoli e la stessa Francia nel procacciarsi la libertà non trovando un ostacolo nei falsi principii, e nelle private passioni del loro Clero, siccome ne risuonano i loro pubblici fogli, dobbiamo noi felicitarne e gloriarne del nostro” .
Ebbene se esaminiamo il Martirologio Massonico del 1799 vediamo che su 51 Fratelli delle varie Obbedienze, che furono condannati a morte e afforcati, otto erano gli ecclesiastici appartenenti alla Massoneria:
1) il Vescovo di Vico Equense Mons. Michele Natale, morto il 2 Agosto 1799;
2) il sacerdote e illustre matematico Nicola Pacifico afforcato il 20 Agosto 1799;
3) il sacerdote Nicola Palomba morto il 14 ottobre 1799;
4) il sacerdote Domenico Vincenzo Troisi, eminente teologo e docente di Storia delle religioni all’Università di Napoli, morto il 24 ottobre 1799; 5) il sacerdote Ignazio Falconieri, docente di Retorica e Poetica all’Università di Napoli succeduto sulla cattedra a Gennaro Vico, figlio del celebre Giambattista, morto il 31 ottobre 1799;
6) il teologo di corte Giovanni Francesco Conforti, morto il 7 dicembre 1799;
7) il Provinciale dei Carmelitani Michele Granata (in religione Frà Saverio da Rionero), morto il 12 dicembre 1799;
8) il sacerdote Marcello Euseio Scotti, morto il 4 gennaio 1800.
Ad essi dobbiamo aggiungere il Fratello Giovanni Andrea Serrao, Vescovo di Potenza,assassinato dai sanfedisti a Potenza la notte tra il 23 e il 24 febbraio 1799 e il sacerdote Fr. Giuseppe Cestari che morì eroicamente al Ponte della Maddalena il 13 giugno 1799.
Anche per loro può valere il commento di Croce rivolto ai giacobini meridionali del 1799 :“… dico tra me: – Ecco la nascita dell’Italia moderna, della nuova Italia, dell’Italia nostra” .
E’ chiaro, dunque, che :“….il contributo determinante dei Massoni al Risorgimento ed alla lotta per l’unificazione italiana ….” , autorevolmente sottolineato dal Fr. Carlo Ricotti, incomincia proprio con la Rivoluzione napoletana del 1799 che ebbe i Liberi Muratori del Mezzogiorno come principali protagonisti fra i quali gli ecclesiastici ebbero un ruolo di notevole rilievo.
Nicola Di Modugno
Oratore della R.L. “Cairoli Risorta“ n. 777
Oriente di Bari