CIAO NUNZIO
TE LO DO IO LO STRALLO
La lettera del 16 agosto 2018
di Felice Santagata
Quel genio di Morandi deve essere passato da Peschici o da Vieste.
La ideazione originale dei ponti strallati deve averla ricavata osservando quell’antica macchina-trabocchetto che permetteva, e ancora permette, di pescare a una certa distanza (30-40 metri) dalla riva ove il fondale più profondo (almeno 4-5 metri) permette di pescare agevolmente, trattenendo nel trabocchetto (la rete stesa sul fondo) il pesce che migra rasentando la costa.
La struttura principale del ponte Morandi è costituito da un robustissimo pilone dal quale partono, a una certa altezza, due sbalzi simmetrici che, in corrispondenza delle estremità, sono collegati alla testa del pilone centrale tramite tiranti (stralli).
Prima della lettera
Ne consegue che sulla punta degli sbalzi è possibile “appendere” e sostenere carichi notevolmente elevati (gli impalcati del ponte).
Vatti a vedere il trabucco di Mimì Ottaviano in Baia S. Nicola a Peschici (a 300 metri dalla mia villa) e poi dimmi se sei d’accordo o meno con l’idea che Morandi è passato da quelle parti. Dove gli stralli sono posti in serie “continua” e sorreggono, congiuntamente, elementi della travata che si sbraccia verso il mare profondo ed è realizzata con pali-travi di legno lunghi 5-6 metri.
Una raggiera di più travate (4-5) permette di sorreggere, calare e levare le grandi reti-trabocchetto, comandate dal mio amico Mimì che, in precario equilibrio, cura l’avvistamento delle prede in arrivo e comanda l’alzata.
Il fatto è, caro Nunzio che stanotte, saranno state le 4, mi è apparso in sogno Morandi.
Era a bordo di una nuvola bianca, con una toga lunga sino ai piedi e parlava accoratamente con un Suo amico, girato di spalle, a tre nuvole di distanza.
Sembrava incacchiato e aveva il tono di voce alquanto alterato (il che mi ha consentito di ascoltare quasi tutto ciò che profferiva).
In tempi non sospetti
Caro il mio don Raffaele, andava dicendo, ora Vi spiego come funziona il tipo di struttura che ho ideato per realizzare tanti ponti in tutto il mondo.
Pensate innanzitutto ai balconi in calcestruzzo armato della casa di Gigi Di Murro (60-63) (1)che abita in via Zara.
E Gigi che c’entra, mi direte voi.
C’entra, c’entra, Ve lo dico io.
Come pure c’entrano le pile del viadotto sul Salinello, tra Giulianova e San Benedetto del Tronto, sulla A14.
Come pure c’entrano i muri di controripa della A25 in prossimità di Pratola Peligna.
Come pure c’entrano tanti balconi delle case costruite negli anni sessanta.
Ebbene, se ci fate caso, si tratta di strutture in calcestruzzo armato che ostentano armature arrugginite, non più ricoperte dallo strato esterno di calcestruzzo (quello che gli strutturisti chiamano “copriferro”).
Ma cosa ha a che fare il balcone di Gigi col ponte sul Polcevera?
Aspettate, aggiate pazienza, che Ve lo dico.
Ascoltare, piano piano
Tanti anni fa, quando il calcestruzzo (che poi veniva armato con barre di acciaio) ha preso piede nelle costruzioni, era apparso a tanti come una roccia artificiale, facile da ottenersi miscelando inerti di pezzatura varia, cemento e acqua.
Figuratevi, caro don Raffaele, che la miscela degli inerti lapidei veniva dosata “a peso”.
Dopo un po’ ci si è accorti che il materiale presentava parecchi vuoti interni (pericolosamente interconnessi) e si è passati allo studio di miscele con l’ausilio di curve granulometriche teoriche (Fuller, Bolomey) di massima densità, cioè di massima presenza di materiale inerte cui corrispondeva l’abbattimento dei pori interni all’ammasso.
Il fatto è che un po’ di pori rimanevano sempre, nonostante la vibrazione dell’impasto.
E purtroppo se erano interconnessi rendevano il calcestruzzo “permeabile”. All’acqua e all’anidride carbonica.
Tra l’altro la permeazione, nelle travi in c. a. è spesso favorita dal ridotto valore del copriferro, assunto piuttosto basso al fine di aumentare il momento resistente.
Il momento resistente
Giusto per capirci, diciamo tra noi che il calcestruzzo era permeabile all’acqua e nel tempo provocava la formazione di ruggine sulle barre d’acciaio.
Ora tenetevi forte: dovete sapere che la ruggine assume un volume notevolmente maggiore di quello occupato dall’acciaio iniziale, con la conseguenza di provocare una spinta capace di far “esplodere” il copriferro.
A Genova i miei amici costruttori, credendo di far bene, hanno “protetto” gli stralli di acciaio con una guaina di calcestruzzo. Hanno in pratica realizzato intorno agli stralli una camera satura di umidità che nel tempo ha arrugginito e corroso l’acciaio.
E dire che, per una buona manutenzione, bastava trattare le superfici metalliche con uno strato di buona vernice.Come fanno gli americani con i loro ponti strallati metallici che stanno in piedi da tanti anni.
Così o non così ?
A questo punto mi sono svegliato di soprassalto.
Morandi e Maffettone(2)sistavano allontanando sottobraccio. Stava spuntando l’alba e loro di giorno non si fanno vedere.
By Felice A. Santagata (51-54)(3)
- : Luigi Di Murro, Magistrato Corte dei Conti, Ex Allievo Nunziatella, corso 1960
- : Raffaele G. Maffettone, Cofondatore Associazione Nazionale Ex Allievi, corso 1923
- : Ex Allievo Nunziatella, corso 1951, Presidente Sezione Marche dell’Ass. Ex Allievi e, poi:
Professore Universitario Emerito, già ordinario di Strade, Ferrovie ed Aereoporti dell’Università Politecnica delle Marche
Rettore dell’Università di Ancona dal 1976 al 1980
Presidente Onorario della SIIV Società Italiana di Infrastrutture Viarie
Direttore della rivista “Le Strade” dal 1991 al 1994 dove ha presieduto anche il Comitato Scientifico (“Le Strade” è in Italia la più antica e prestigiosa rivista tecnica e scientifica del settore)
Primo Autore ed Editor in Chief del libro “STRADE – Teoria e Tecnica delle Costruzioni Stradali” edito da Pearson (in coll.)
Editor in Chief e Fondatore della rivista internazionale “International Journal of Roads and Airports” dal 2009
Iscritto all’Ordine degli Ingegneri di Ancona
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Mimì Ottaviano in avvistamento |
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Tramonto sul trabucco da Mimì |
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