pizzofalcone 3 . 2019
la beffa del Vate
da Buccari a Dubai
….e già!, sembra che questo sia proprio l’anno del Vate di 100’anni dopo.
Ci si mette pure l’Architettura che, quasi esaltante, annuncia, meglio annunzia, per riprendere il Vate D’Annunzio, che il padiglione della prossima esposizione mondiale che si svolgerà a Dubai, fra le dune arabe, ricorda costruttivamente la metafora del gesto effervescente della cosiddetta dagli storici militari e non, “la beffa di Buccari”. Era la notte fra il 10 e l’11 febbraio del 1918. Quell’azione militare di 3 barchini siluranti della Marina Militare Italiana, il 94, il 95 e il 96 guidati da Costanzo Ciano, decoratissimo fino all’Oro di quei giorni, padre del Galeazzo genero di Mussolini, noto per altre cose….
C’erano Luigi Rizzo, pluriEroe della Marina, il Vate ed altri sconosciuti dai più che vale ricordare,
Profeta de Santis e Andrea Ferrarini. Tutti Ufficiali Marinai. Il Vate?, come sempre tutto di tutti…..
Arrivarono nelle insenature della Croazia, a Bakar, in italiano Buccari, per scompigliare la flotta austriaca che si era appartata dopo la “gloriuzza di Lissia”, come scritto dal Vate Gabriele. Entrarono fra gli scogli, forse, non si sa bene, lanciarono i siluri, non colpirono nessuna nave da guerra, furono mitragliati, tornarono indenni e dimostrarono che i “crukki” non si sapevano difendere e che la Marina Italiana poteva fare quel che voleva. Un rilancio dopo Caporetto. Una specie del “…se po’ fa’ “ prodiano di una decina d’anni fa, ma molto mascolino allora rispetto a quello del possibilismo di politici che oggi vernacolano il politichese!
I “motoscafi armati siluranti”, oppure “motoscafi anti sommergibili”, furono battezzati dalla metafora dannunziana MAS, ”memento audere semper”, che sostituiva il meno virile “motus animat spes”. Metafora che fu scritta sulla targa in legno del barchino 96 dov’era D’Annunzio con Rizzo, ancora in mostra al Vittoriale degli Italiani. Missione militare che fu il trampolino verso la cavalcata vittoriosa di Vittorio Veneto di Cavalli e Bersaglieri in corsa.
Invece a Dubai, più o meno dalle parti di quel versante dell’entroterra a sud delle coste nordafricano, su quell’ex mare nostrum da dove in parecchi viaggiano per venire in Europa, tanti migranti attraverso il mediterraneo verso il primo approdo sulle coste nostrane.
A Dubai, terra delle promesse miliardarie dei petroli sauditi, gli architetti idealizzano “i barconi del desiderio di un futuro radioso”, mettendoli a cappello di un padiglione delle bellezze italiane. Padiglione dell’ennesima fiera delle vanità “universali” che ritualmente espongono le bellezze dei paesi del mondo.
Progetto discusso, progetto che evoca le agitazioni politiche di questi giorni.
Se ne discuterà? Mmà! Nessuna voce del “furioso Sgarbi di Ferrara”. Firmano il progetto di un concorso internazionale indetto da Invitalia, Agenzia del Ministero delle Finanze per lo sviluppo d’Impresa, un team di architetti celebrati e non proprio noti al pubblico dei tanti inesperti del settore, Carlo Ratti, Matteo Rota (un altro Matteo in giro per il mondo) e Italo Rota. Quest’ultimo, artista discusso per la prorompente fantasia di sogni che diventano realtà complesse nei progetti che non solo espone, ma che anche realizza. Dal nome Italo, forse non un caso che, diciamolo, affascinerebbe lo stesso Vate! Nessuna battuta politica sul riferimento dei barconi sul tetto che idealizzano i barconi rovesciati in mare. Sono tre barconi, come i “barchini” di Buccari. Parecchio tricolore. Come il Vate esaltava. L’Italia della cultura delle arti? Indifferente, adesso non “s’è desta….dell’elmo” di Dubai “s’è cinta la testa”. Ma s’interessa alla via della seta. Ai mercati dell’Est. Cosa fa pizzofalcone.it ? Ricomincia a parlare della Storia che si dimentica parlando dei primi passi che, andando verso l’Est, percorrono le terre ottomane.
“L’Impero della Mezzaluna. Ascesa e declino” lo descrive Lucio Martinelli, nei consueti viaggi della Storia che a 100’anni dal 1919, l’anno del Vate, potrebbe enfatizzare anche per questi tempi, chissà!, un’ascesa di speranze commerciali, come quelli che Marco Polo aprì alla sua Venezia.
Ma che, facciamo gli scongiuri, auguriamoci non debbano diventare un declino del pil dei nostri conti pubblici a favore di altri mercanti europei. Quelli che nel Sol Levante esporrebbero miliardi di euro in tecnologie e prodotti industriali, mentre noi, italiani improvvisati in ritardo negli scacchieri mondiali, tratteremmo scambi di beni e di relazioni politiche con baratti di arance.
E se le agoni postelettorali europee ce le tirassero dietro?