Agar
di Mimmo D’Angelo
Agar si chiamava. Era piuttosto bella, bruna, capelli ricci, carnagione scura – lei si piaceva abbastanza – e poi quel nome.
Volto di donna
Chissà perché glielo avevano dato, in fondo era interessante o magari intrigante, come usano dire adesso, così le dicevano gli uomini, ché sapeva quello che volevano.
Come quello, laureato con lode in chimica industriale diceva con falsa nonchalance, che le raccontava che, a parte l’origine biblica (sic!), quel nome gli ricordava il ponte salino delle pile elettrochimiche e poi l’invitava a cena, convinto che non avrebbe potuto dire di no ad uno così. Viveva con Elia – una forte, un sacco di successo sul lavoro e con gli uomini – giornalista alla RAI che era stata craxiana ed adesso era presidente di un club di Forza Italia. Lei a 28 anni, era nata a Matera, stava per laurearsi in lettere moderne e doveva presentare una tesi, bellissima, sui romanzi e le loro trasposizioni televisive.
Quello stronzo laureato in chimica, sempre per darsi un tono, le diceva continuamente che nella tesi doveva citare pure Pier Paolo Pasolini ma lei, chiaramente, non era d’accordo.
Una notte mentre lei dormiva sul divano nel soggiorno – ché si era addormentata lì dopo aver bevuto un cognac e fuori pioveva quella pioggia lucente ed umida che ti penetra nelle ossa – era entrata, senza vederla, Elia.
Si era sfilata i guanti neri ed aveva rovesciato il contenuto della borsetta, due monete da cinquecento lire, kleenex e l’accendino Bic, sul tavolino dove c’era il telefono. Con le forbici aveva tagliuzzato i guanti neri, li aveva bruciati in cucina dentro un giornale e gettati nella spazzatura. Mentre stava per accendersi una sigaretta squilla il telefono.
Lei risponde e ad un certo punto dice “non ho mai posseduto un paio di guanti neri in vita mia”.
Poi accende la luce e si accorge che c’è Agar sul divano.
“Hai sentito?”
“No – mentì lei – che è successo?”
“Niente, figurati che quei matti dei carabinieri, era il Maresciallo del quartiere, pensano che io sia implicata in un delitto! e questo solo perché conoscevo il morto…”
“Ma và, …non è possibile!”
“Comunque adesso ho chiarito e vado a prendere l’aereo per quel congresso a Berlino di cui ti avevo parlato”
“ciao” ”ciao”.
Agar si era rimessa a dormire ma dopo un quarto d’ora l’aveva risvegliata prima una sirena della Polizia, anzi dei Carabinieri che poi avevano bussato alla porta. Dopo l’interrogatorio – lei aveva detto che non sapeva nulla dell’accaduto né dove stava Elia, che non sentiva da un po’ di tempo per via degli orari diversi – finalmente aveva dormito un po’. Il Maresciallo le aveva detto, con tono burbero ed accento meridionale, di tenersi sempre a disposizione e di non allontanarsi da Roma, perché il giorno dopo sarebbe venuto con il Magistrato per interrogarla come “testimone”.
La mattina dopo, alle 11 circa, l’avevano trovata morta, il gas aperto, con la Bibbia aperta al libro di Ismaele.
Agar e Ismaele, figlio di Abramo, nel deserto
Era il 2 Gennaio del 2000.
Il nuovo millennio era cominciato proprio bene, tutta un’altra cosa dei primi due.