LA PANCHINA DEI MILITARI

di Nunzio Seminara

Pandemia agli sgoccioli ?

Sì. Anzi, no, aumentano le restrizioni.

Fino a Natale?, prima o dopo?

Intanto le perplessità si moltiplicano, in specie quando le presenze del Commissario ad acta, il Gen. Figliuolo, cominciano ad essere sempre più spesso commentate non favorevolmente.

Dopo i primi risultati favorevoli sul controllo e la gestione di vaccini e mascherine, tranne i soliti noti delle controparti politiche, sono cominciate critiche indorate dalle inevitabili comparse di lustrini e fregi che nell’ ”attore in campo”, il citato Gen. Figliuolo, erano i più visibili.

Dalla penna bianca degli Alpini, al fregio sul cappello, alla tuta mimetica, ai numerosi nastrini sulla giacca.

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Erano, e sono, i segni inconfondibili della sua presenza perché è necessaria che sia.

Necessaria quando lo scenario che oscilla tra il decisionismo e la confusione diffusa fra i media, i provvedimenti a volte contradditori, i “social” scatenati, per non parlare delle “piazze”, ovvero delle

“piazzate”.

La solita e rituale storia. Trita e ritrita.

Da un lato l’avversione verso il mondo delle stellette, dall’altro la presenza dei militari che, nello svolgere attività di utilità sociale, devono assistere a reiterati commenti sia poco eleganti per l’Istituzione che rappresentano sia ironici sulla loro uniforme.

Non è questo il tema su cui soffermarci, anche se trattasi di sfumature del pensiero dilagante che andrebbe, per così dire “revisionato”.

In altro momento si approfondirà questo aspetto.

Andiamo al nocciolo della questione. Assistiamo alla “organizzazione della “vaccinazione antipandemica” da parte di un nuovo sistema di logistica, affidata ad un militare.

La struttura che rappresenta e che risponde alle sue disposizioni risponde ad una gerarchia collaudata, quella della disciplina militare.

Governo della funzione sociale di una emergenza che, va detto, assai lontana dalla comprensione del cittadino.

Militare = guerra, o meglio, militare = dittatura.

Così almeno per gran parte della opinione pubblica, ancora pervasa dalle triste vicende di un periodo tragico della vita nazionale.

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Cioè, il militare come protagonista della funzione sociale di utilità pubblica a supporto alle emergenze decretate dal Governo.

Soluzione che fa scandalo? Un momento di riflessione per tutti.

Un “certo” Macchiavelli, il ben noto Niccolò Macchiavelli , si prese la briga di analizzare l’aspetto del “milite” in una struttura istituzionale. Ben mezzo millennio fa.

Se il Nicolò è noto per la quaestio consolidata del “fine giustifica i mezzi”, forse andrebbe studiato più a fondo quando si occupa di altri argomenti. Come, nel caso che qui si tratta, i militari.

Tre capitoli, a metà de “Il Principe”,in cui analizza, addirittura cinque secoli fa, il rapporto fra il “Principe”, ovvero lo Stato, e la funzione delle “forze armate”, così le definiva fin d’allora.

Quello che oggi è rilevante come viene affrontata e spiegata la distinzione fra “i mercenari” e gli “ausiliari”, proprio in tempo di “leva professionale” che negli effetti si distingue fra “operativi”, quelli cioè “combact”, ché non si può dire, secondo Costituzione, che fanno la guerra. Anche se poi la fanno….., ma questo è argomento di altra riflessione.

Macchiavelli, nel non affrontare la sua analisi sulle buone o cattive leggi che governano gli stati, scrive:

“……….. non parlerò delle leggi, ma solo delle forze armate. Quindi dico che gli armati che un principe può usare per la difesa del suo stato sono le sue proprie le quali sono formate o da mercenari, o da ausiliari, o miste. ……”

In particolare, nel parlare di mercenari, paragonati con feroce malizia ai militari della leva professionale, non più coscritti ma “volontari”, afferma in generale che se

“……… gli armati che un principe può usare la difesa del suo stato sono le sue proprie le quali sono formate o da mercenari, o da ausiliari, o miste.. ” ma che “…… sulle truppe mercenarie, non sarà mai saldo e tranquillo. Esse sono disunite, ambiziose, senza disciplina, infedeli, audaci verso gli amici, codarde contro i nemici; e non hanno né timore di Dio, né correttezza verso gli uomini. ……………

Il ragionamento di Macchiavelli proveniva dall’aver osservato come “il Principe”, nella fattispecie il Duca Cesare Borgia, detto Valentino, per sconfiggere la Toscana, si sottrasse dal sostegno di alleati e dei loro soldati (gli ausiliari) e raggiunse il suo intento affidandosi ad una milizia propria (circa 3.300 uomini) con l’aggiunta di circa 5.000 “militi di riserva”.

Anche oggi gli stati distinguono i militari professionisti, quelle che “fanno la guerra” da quelli di riserva, “i riservisti”, che non hanno funzioni di “combact” ma solo di risorsa organizzata per sopperire a problemi interni della nazione in emergenze di carattere sociale (come quello sanitario o di ordine pubblico) o del territorio (eventi tellurici, disastri idrogeologici, etc.).

Da non confondersi con gli appartenenti alla Forza Armata dei Carabinieri, alla Polizia di Stato, alla

Guardia di Finanza, che hanno le caratteristiche di “ausiliari”, come nelle emergenze ambientali i Vigili del Fuoco.

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In verità, dalle nostre parti, non si è sempre tolleranti verso la leva professionale, che i detrattori ideologici definiscono “dei mercenari”, tanto più è diffidente quando sente di “milizie di riserva” perché il loro reclutamento, ancorché finalizzato ad attività sociali, ricorda troppo da vicino le vicende di una Storia italiana che dopo ottant’anni non è ancora metabolizzata.

Anzi………

Ma al di là di queste riflessioni sul mondo militare, occorrerebbe concentrarsi sulle evoluzioni del loro ordinamento, che, battezzato “Nuovo Modello di Difesa”, da oltre vent’anni è in costante evoluzione, finalizzato prevalentemente alla ottimizzazione di costi e di un adeguamento e un ammodernamento non solo dei “sistemi d’armi” ma anche sia alla riduzione del personale militare sia alla sua formazione, dalle prime Scuole, inclusi i “licei militari” (Nunziatella e Teulié per l’Esercito, Morosini per la Marina, alle quali nel 2006 si è aggiunta la Douhet per l’Aereonautica), alle Accademie, alle successive Scuole d’Applicazione, fino ai corsi superiori di formazione come a Roma, presso il CASD (Centro Alti Studi della Difesa), ubicato a Palazzo Salviati, Istituto Superiore a livello post-universitario dove sono ammessi, in alcuni corsi, studiosi e professionisti della vita civile.

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Roma – Palazzo Salviati
Sede del CASD, Centro Alti Sudi della Difesa (immagine dal sito della Difesa)

Tale evoluzione si svolge in una successione di sovrapposizioni del doing by doyng che richiede un monitoraggio continuo del programma.

Dalle innovazioni tecnologiche alle risorse finanziarie, dai mutamenti dei quadri politici europei alle “cabine di regia” delle Istituzioni di settore competenti.

Intanto, nella costante riduzione dei militari, oggi “volontari e professionisti”, il personale civile della Difesa, per lo stato di servizio specifico, essendo impiegato con regolare assunzione concorsuale, ovvero per trasferimento da una diversa Istituzione, deve rifasarsi alla strategia della riduzione dei quadri.

Se questo è più semplice con la leva professionale, dove basta aumentare o diminuire il numero dei

“volontari” richiesti, il funzionario pubblico deve ammodernarsi e specializzarsi, o trasformare il proprio ruolo rivolgendolo ad altre competenze, oppure deve attendere il pensionamento, ma anche ad usufruire del prepensionamento con l’introduzione di norme legislative specifiche.

Però, la riduzione dei quadri del personale civile accresce l’esigenza di avvalersi delle adeguate professionalità previste dall’impiego “della Riserva Selezionata”.

Trattasi della assunzione di personale che abbiano requisiti un titolo di studio di adeguata formazione, provenienti da Ufficiali di complemento delle varie Armi in congedo oppure provenienti dalla vita civile, opportunità della quale si avvalgono tutti i settori in possesso delle competenze richieste, tanto secondo norme vigenti (D.Lgs.674 / 2010, n. 66, Codice dell’ordinamento militare).

Ai provenienti dalla vita civile si conferisce la nomina ad un grado di Ufficiale dopo una selezione come quella prevista per gli Ufficiali di complemento. Quali professionalità?

Titoli di studio in lauree “magistrali”, dalle specificità che in sintesi e in generale si enumerano:

preparazione nel campo del Diritto, dell’Amministrazione, della Medicina, delle specializzazioni tecniche in Ingegneria, Architettura, Comunicazione e Sicurezza.

Naturalmente, ampliandosi le esigenze della Istituzione, possono essere estese le professionalità richieste in altri campi.

Intorno a questa iniziativa sono sorti nell’universo delle possibili formazioni che si pubblicizzano molti percorsi formativi che “nicchiano” agli sbocchi presso la Difesa, come formazione presso Istituti collegati più o meno a paritetici corsi di laurea triennale, in particolare verso la “la Difesa e la Sicurezza ”. Quale richiamo intrigante che ormai fa trend nella innovazione e nei curricula: il mondo cyber.

Questo giornale, pizzofalcone.it, si è già occupato (ottobre 2019) di questa disciplina della comunicazione che da qualche decennio ha pervaso tutti i settori di formazione.

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Appaiono sempre più frequenti immagini di offerte a iscrizioni in corsi triennali di masters o di lauree brevi da parte di istituti privati, anche di prestigio, più o meno paritetici a quelli di pari diploma Istituzionale, dove nei depliants illustrativi appaiono anche docenti in tuta mimetica: colori e disegni di non meglio definite compagini militari. Purché sembri un militare.

Il mondo antimilitarista? Non più. Purché si offrano tutte le possibili iniziative nel mondo del lavoro. L’ideologia del lavoro. La frontiera di oggi.

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Queste opportunità spesso interessano i delusi dalle prove di concorso per l’accesso alle Accademie Militari per Ufficiali o alle Scuole Sottufficiali. E sono tanti.

Ma costituiscono una professionalità di rilievo affine che si svolge a livello di masters, che prevedono iscrizioni a costi sostenuti, persino con frequentazione part-time.

“Mercato di qualità”, ma pur sempre “mercato”.

Ma allora, perché non può essere “la Difesa”, ovvero l’Istituzione stessa e non “il privato”, a istituire un percorso formativo ad hoc?

Percorso triennale dopo la scuola superiore, da svolgersi in quattro settori: Giurisprudenza e Scienze Politiche, Economia e Amministrazione, Ingegneria e Architettura, Tecnologia e Impiantistica, Protezione Civile e Sicurezza.

Esistono già i cicli formativi delle lauree triennali.

Andrebbero rifasati con le lingue, almeno due, e insegnamenti sulla legislazione Internazionale, Storia, Geopolitica, Cyber. Non frequenze part-time, ma in presenza.

Quattro indirizzi distinti, massimo 6 frequentatori cadauno, Diritto (anche Internazionale….e Geopolitica), Amministrazione, Ingegneria, Tecnologie, con docenti universitari qualificati e di prestigio, corsi di esercitazioni delle singole discipline con docenti che siano “Militari in

Uniforme” ,…….

La presenza sarebbe garantita da una sede opportuna, non difficile da reperire fra quelle in dismissione, 60 metri quadri per ogni frequentatore, inclusi locali “aperti” per lo svago e riunioni collettive.

Costi? Retta annua a carico del frequentatore non superiore ad € 5.000 annue, praticamente solo il vitto. Costi della logistica, “vestiario”, strumenti tecnici dai testi delle discipline ai computers, viaggi di istruzione, etc., assorbiti dalle partecipazioni delle singole Forze Armate e delle Istituzioni (Ministeri delle Finanze, degli Esteri e degli Interni)o Aziende industriali del settore (ad esempio Difesa Servizi, Leonardo, Oto Melara,), che dovrebbero favorire anche assistenze in stages, non solo nel territorio nazionale, ma anche “fuori area”.

Città? Roma. Perché territorio del Diritto dal quale provengono gli studi giurisprudenziali (Diritto Romano,….Romana Virtus) dove risiedono Istituzioni ed enti che guidano la formazione del mondo delle stellette ma anche con inserimenti nella vita civile (Scuole Applicazione Carabinieri e Guardia di Finanza, la Protezione Civile e il CASD).

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Cortile d’onore di Palazzo Salviati (immagine dal sito della Difesa)

L’accesso alla Riserva Selezionata per “specialisti funzionali” non deve essere un’altra Accademia

Militare, dove s’impara “a fare la guerra”, ma un polo di alta istruzione che indirizza giovani verso

il mondo civile con “l’apprendistato nel mondo militare”, e lo proietta anche all’estero, “fuori area” , nella specie in Europa, e dove, nel maturare le esperienze culturali acquisite frequentando cicli formativi superiori, che può riportare nell’ambito formativo d’origine come effettiva “Riserva Selezionata”.

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n.s.